Riforma dell’ordinamento forense: critiche e prospettive tra modernizzazione e conservazione
Il Governo ha recentemente approvato il disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento forense, la quale appare conservativa, poco lungimirante e inadeguata rispetto alle sfide attuali del mercato legale.
Una riforma “ottocentesca”
Il testo approvato dal Governo si limita a una risistemazione della legge professionale vigente, senza introdurre reali innovazioni. L’unica novità di rilievo sarebbe il superamento del divieto di terzo mandato per i rappresentanti forensi, ma tale modifica rischia di ridurre gli spazi di ricambio democratico, compromettendo il principio del rinnovamento.
La riforma è ispirata a una idea obsoleta della professione di avvocato, tutta concentrata sulla funzione difensiva in giudizio, trascurando invece l’espansione verso la consulenza legale specialistica, le nuove tecnologie e le dinamiche concorrenziali che caratterizzano i mercati globali.
Il ritorno al giuramento: un passo indietro storico
Un punto particolarmente controverso riguarda la previsione di ripristinare l’istituto del giuramento dell’avvocato, già superato in favore dell’impegno solenne a seguito delle pronunce della Corte costituzionale. La reintroduzione del giuramento, secondo Di Marco, rappresenterebbe un arretramento giuridico e culturale, lesivo della libertà di coscienza e privo di attualità.
Pubblicità e aggregazioni professionali: occasioni mancate
La riforma non valorizza la libertà dell’avvocato di promuovere le proprie attività tramite pubblicità, lasciando ancora spazio a vincoli che limitano la competitività rispetto ad altre professioni.
Anche sul fronte delle forme collettive di esercizio, la legge delega sembra privilegiare modelli superati come le sole società tra avvocati o reti tradizionali, senza aprire a formule più dinamiche e innovative, in linea con le esigenze di un mercato legale internazionale.
Il nodo delle incompatibilità professionali
Altro aspetto critico è il mantenimento del regime di incompatibilità previsto dall’attuale legge, con lievi estensioni. Tale disciplina, di natura proibizionistica, è giudicata dall’ANF un ostacolo allo sviluppo della professione, che impedisce agli avvocati di ampliare le proprie attività, generando svantaggi competitivi rispetto ad altri operatori economici.
Intelligenza artificiale: la grande assente
Nonostante il crescente impatto delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale (IA) nel settore legale, il disegno di legge non contiene alcun riferimento all’uso degli strumenti di IA nella professione forense.
Un’assenza che appare grave, considerando come i sistemi di legal tech stiano già modificando radicalmente l’attività di consulenza, ricerca giuridica e gestione dei procedimenti.
Conclusioni: riforma mancata o occasione persa?
Pertanto, emerge una frattura profonda tra le esigenze di modernizzazione dell’avvocatura italiana e l’impostazione conservativa del Governo.
Se l’obiettivo dichiarato era quello di riformare in senso organico l’ordinamento, il risultato sembra invece essere un compromesso che consolida il passato più che aprire al futuro.
In sostanza, l’avvocatura avrebbe bisogno di una riforma che guardi a:
- liberalizzazione e concorrenza nel mercato dei servizi legali;
- rinnovamento delle istituzioni forensi;
- apertura alle tecnologie e all’intelligenza artificiale;
- maggiore flessibilità nelle aggregazioni professionali;
- principio di pubblicità legale trasparente e moderna.
La sfida politica e giuridica, dunque, non è solo quella di modificare alcune regole formali, ma di ridisegnare l’intera architettura dell’ordinamento forense, restituendo all’avvocatura un ruolo centrale in una società in trasformazione.
A cura dell’avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno