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MODIFICHE INTRODOTTE CON IL DECRETO LEGISLATIVO N. 87 DEL 2024, IN G.U. N.150 DEL 28 GIUGNO 2024 ED ENTRATO IN VIGORE IL 29 GIUGNO 2024 (IN ESECUZIONE DELLA DELEGA PER LA RIFORMA FISCALE, EX ART. 20 DELLA LEGGE N. 111/2023)

Modifiche introdotte con il decreto legislativo n. 87 del 2024, in G.U. n. 150 del 28 giugno 2024 ed entrato in vigore il 29 giugno 2024  (in esecuzione della delega per la riforma fiscale, ex art. 20 della legge n. 111/2023) – “rilevanza delle sentenze penali, definitive, per gli stessi fatti, nei procedimenti tributari, già in corso, alla data dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 87/2024” – (Corte di Cassazione, sez. Tributaria, 15 luglio 2024, dep. 3 settembre 2024, n. 23570).

 

 

Nell’esercizio della delega per la riforma fiscale, ex art.20 della legge n.111/2023, il Governo è stato delegato a riformare e revisionare l’intero sistema sanzionatorio tributario e penale, osservando determinati principi e criteri direttivi specifici, con riferimento alle imposte sui redditi e all’imposta sul valore aggiunto: a) per gli aspetti comuni alle sanzioni amministrative e penali: … “rivedere i rapporti tra il processo penale e il processo tributario prevedendo, in coerenza con i principi generali dell’ordinamento, che, nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale facciano stato nel processo tributario quanto all’accertamento dei fatti medesimi e adeguando i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non punibilità e di applicazione di circostanze attenuanti all’effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, anche nella fase antecedente all’esercizio dell’azione penale”.

Il 28 giugno 2024 il Consiglio dei ministri, dopo l’esame delle commissioni parlamentari, ha approvato, in via definitiva, il decreto legislativo 14 giugno 2024, n.87, rubricato “Revisione del sistema sanzionatorio tributario, ai sensi dell’articolo 20 della legge 9 agosto 2023, n. 111”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.150 del 28 giugno 2024, entrato in vigore il 29 giugno 2024.

Segnatamente, con la suindicata norma è stato introdotto il nuovo art.21-bis decreto legislativo n.74/2000, rubricato “Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione” che così recita: “1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati”.

Invero, detta norma prevede, in buona sostanza, che la sentenza irrevocabile di assoluzione (penale) a seguito di dibattimento, ha efficacia di giudicato nel processo tributario a condizione che:

  1. l’assoluzione sia stata pronunciata perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso;
  2. si tratti del medesimo soggetto e degli stessi fatti materiali oggetto del processo tributario;
  3. l’efficacia sia limitata ai medesimi fatti.

Non comporta quindi, alcuna efficacia di giudicato:

  • analoghe sentenze assolutorie ma pronunciate a seguito di giudizio abbreviato;
  • sentenze assolutorie con altre formule;
  • archiviazioni e pronunce di non luogo a procedere emesse dal giudice dell’udienza preliminare (GUP).

In definitiva, la questione trattata (risolta) del Governo riguarda i casi in cui, oltre all’illecito tributario, viene contestata al contribuente una fattispecie penalmente rilevante, mettendo così in moto due differenti procedimenti ovverosia: quello tributario e quello penale (cd. “doppio binario”).

Invero, all’esito del procedimento penale, nei casi in cui l’imputato ottiene un’assoluzione definitiva, con formula piena, perché il fatto non sussiste ovvero l’imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati, in sede dibattimentale, faranno stato nel processo tributario, quanto all’accertamento dei fatti medesimi.

La Corte di Giustizia di secondo grado della Puglia – Sezione Staccata di Lecce –, con una recente pronuncia[1], depositata in data 21.08.2023, ancor prima dell’entrata in vigore della norma in commento, ha accolto il ricorso del contribuente, conformandosi alla sentenza di assoluzione definitiva, con formula piena, “perché il fatto non sussiste”, così anticipando, di fatto, l’applicazione del principio contenuto nella legge delega per la riforma fiscale e secondo cui: “nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste …, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale facciano stato nel processo tributario quanto all’accertamento dei fatti medesimi…”.

La Suprema Corte con una recentissima pronuncia[2], in applicazione del nuovo art.21-bis decreto legislativo n.74 del 2000, rubricato “Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione”, introdotto con il decreto legislativo n.87/2024, ha accolto il ricorso del contribuente, titolare di una ditta individuale, assolto, in sede penale, in esito a giudizio dibattimentale, perché “il fatto non sussiste”, i cui fatti posti alla base degli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate erano i medesimi fatti oggetto dell’imputazione penale, dalla quale il contribuente è stato, definitivamente, assolto.

Il Supremo Collegio ha pertanto, ritenuto che: “spiegando la sentenza penale di assoluzione efficacia di giudicato nell’ambito del presente giudizio con riferimento all’esistenza dei fatti posti a base delle riprese fiscali, deve ritenersi, anche con riferimento al giudizio tributario, che tali fatti non sussistono, con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere cassata”.

Invero, tale “ius superveniens”, come sancito dalla Suprema Corte nella pronuncia in commento, si applica anche ai casi in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione, con formula piena, sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del richiamato decreto legislativo n.87/2024, a patto che, alla data di entrata in vigore di detta norma, sia ancora pendente il giudizio in cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli sia stato irrevocabilmente assolto, in esito a giudizio dibattimentale, con una delle formule “di merito” previste  dal codice penale di rito (perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso).

Deludente e inadeguata si ritiene invece, la deroga al “favor rei”  prevista dall’art.5 del decreto legislativo n.87 del 2024, avuto riguardo alla sanzioni tributarie (non penali) … “Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024”.

In relazione a tale disposizione sarebbe stato opportuno, come suggerito dal prof. Antonio Felice Uricchio in sede di audizione, innanzi alle Commissioni riunite Giustizia e Finanze della Camera dei deputati, un ripensamento del Governo, al fine di ridefinire l’entrata in vigore del decreto legislativo n.87/2024, in applicazione del principio del “favor rei”, con la conseguente ultrattività delle norme più favorevoli ancorché contenute nelle disposizioni previgenti e la retroattività di quelle sopravvenute ove più favorevoli[3].

La questione è destinata, di certo, ad alimentare un probabile quanto esteso contenzioso, stante il contrasto con lo Statuto dei diritti del contribuente e del diritto unionale.

 

 

prof. Antonio Felice Uricchio

avv. Corrado Spriveri

 

 

NOTE

[1] Corte di Giustizia di secondo grado della Puglia – Sezione Staccata di Lecce –, sentenza 21 agosto 2023, n. 2445.

[2] Corte di Cassazione, sez. Tributaria, 15 luglio 2024, dep. 3 settembre 2024, n. 23570.

[3] Audizione del prof. Antonio Felice Uricchio, Ordinario di diritto tributario, Università di Bari Aldo Moro, in data 27 marzo 2024, innanzi alle Commissioni riunite Giustizia e Finanze della Camera dei deputati, nell’ambito dell’esame dello Schema di decreto legislativo recante revisione del sistema sanzionatorio tributario (atto n. 144).

 

 

Appendice al Volume: “LA DIFESA DEL CONTRIBUENTE NEI REATI TRIBUTARI DICHIARATIVI aggiornato al D. Lgs. n. 87/2024 in G.U. n. 150 del 28 giugno 2024”– Autori: Antonio Felice Uricchio – Corrado Spriveri – A cura di Antonio Felice Uricchio, Gennaro Terracciano, Francesco Fimmano’ – Editore: Edizioni Duepuntozero

 

 

Cassazione civile sez. trib., 03/09/2024, n. 23570

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

 

(omissis)

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12914/2017 R.G. proposto da: (omissis) rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. (omissis) presso il cui studio in Roma (omissis) elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Genera le dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

 

Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA – MILANO, n. 6757 /2016, depositata in data 13/12/2016;

Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. (omissis) nella camera di consiglio del 20 giugno 2024 e, previa riconvocazione, nella camera di consiglio, tenutasi da remoto, del 15 luglio 2024;

 

Rilevato che:

In seguito ad una indagine effettuata tra il 2012 e il 2013 su delega della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Como, la GdF denunciò (omissis) titolare della ditta individuale (omissis) per il reato di cui all’art. 8 del d. lgs. n. 74 del 2000, avendo emesso un certo numero di fatture relative ad operazioni inesistenti nei confronti di tre operatori commerciali.

In particolare, il (omissis) emise 31 fatture tra l’1/1/2006 e il 31/12/2010 nei confronti di (d’ora in avanti, anche “il contribuente” o “il ricorrente“).

Dalle indagini della GdF scaturì un processo verbale di constatazione che diede origine, a carico di varie persone tra cui l’odierno contribuente, ad un procedimento penale presso il Tribunale di Como. Sulla base del citato pvc, l’Agenzia delle Entrate procedette ad una ripresa Irpef e Iva nei confronti del (omissis) deducendo sostanzialmente nell’avviso di accertamento che egli aveva simulato con il (omissis) delle forniture di servizi e mano d’opera per abbattere la base imponibile dei redditi dichiarati e per detrarre indebita mente l’iva dovuta all’erario.

Impugnati i quattro avvisi di accertamento notificati a I contribuente in relazione alle annualità 2006, 2007, 2008 e 2009, la C.T.P. di Milano accolse il ricorso.

Su appello dell’Agenzia delle Entrate, la C.T.R. della Lombardia riformò integralmente la sentenza di primo grado.

Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Il sostituto P.G., dott. (omissis), ha concluso per la inammissibilità o la infondatezza del ricorso.

Il contribuente ha depositato una memoria difensiva in vista dell’adunanza camerale, allegando la sentenza del Tribunale penale di Como, munita di attestazione di passaggio in giudicato, di assoluzione del (omissis) perché il fatto non sussiste ai sensi dell’ art. 530, comma 2, c.p.p.

Considerato che:

1. Con il primo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. nonché 2697, 2729, 2728 e 2727 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. (violazione o falsa applicazione di norme di diritto)“, il contribuente impugna la sentenza d’appello perché avrebbe violato una serie di princìpi e di norme applicabili al processo tributario e mutuati dal processo civile, attraverso l’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992.

In particolare, l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto provare l’inesistenza delle operazioni sottostanti alle fatture emesse dalla ditta (omissis) a carico della ditta (omissis).

Senonché, secondo il contribuente l’Agenzia delle Entrate si sarebbe appiattita sulle conclusioni del pvc della Guardia di Finanza, fondando gli avvisi di accerta mento su delle presunzioni semplici rispetto alle quali il (omissis) non avrebbe fornito la prova contraria.

Secondo il contribuente, la C.T.R., nel riformare totalmente la sentenza di primo grado, avrebbe attribuito valore di prova presuntiva a fatti privi di valenza inferenziale (il pagamento quasi sempre in contanti delle fatture emesse dal (omissis) l’importo delle fatture emesse negli anni dal 2006 al 2010 esorbitante rispetto alle capacità operative del (omissis) l’inesistenza di contratti scritti tra il (omissis) e il (omissis) la estrema genericità delle indicazioni contenute in fattura; l’essere stato personalmente il (omissis) per un lasso di tempo nel periodo in esame, nell’impossibilità di svolgere la sua attività economica; l’avere il (omissis) occultato le scritture contabili al fine di impedire la ricostruzione del suo volume d’affari; l’avere il (omissis) omesso, tranne che per il 2009, di presentare le dichiarazioni fiscali e gli elenchi clienti-fornitori; l’emersione, durante le attività di verifica, di fatture emesse dal (omissis) anche nei confronti di altri operatori economici).

2. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato “Violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. (oltre che dell’art. 111, comma 6, della Costituzione), in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. (nullità della sentenza per omessa pronuncia della motivazione, o per motivazione solo apparente”, il contribuente censura la sentenza impugnata per avere, senza adeguata motivazione, raggiunto una conclusione opposta rispetto a quella del giudice di primo grado senza adeguata mente valutare le prove contrarie anche fotografiche offerte dal contribuente.

La sentenza impugnata, dunque, è criticata non solo per avere fondato le presunzioni semplici su elementi di fatto privi dei requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, ma anche per avere trascurato l’esame del corredo probatorio offerto dal contribuente. Con la memoria difensiva, in cui il contribuente ha ribadito i due motivi di ricorso, è stata depositata la sentenza pena le irrevocabile del Tribunale di Como che ha assolto ex art. 530, comma 2, c.p.p. perché il fatto non sussiste il (omissis) dai capi di imputazione fondati sugli stessi fatti oggetto del giudizio tributario.

3. Il primo motivo di ricorso è fondato.

3.1. In seguito all’adunanza camerale originariamente fissata per la decisione della causa è stato emanato il decreto legislativo n. 87 del 2024 (in esecuzione della delega conferita al Governo dall’art. 20 della legge n. 111 del 2023), pubblicato sulla G.U. n. 150 del 28/6/2024 ed entrato in vigore il 29/6/2024, il cui art. 1, comma 1, lett. m) ha introdotto, nel corpo del d.lgs. n. 74 del 2000, il nuovo art. 21 bis, rubricato “Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione“, che così dispone, per quel che in questa sede interessa: “1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.”

Tale ius superveniens si applica anche ai casi (come quello per cui è causa) in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 87 del 2024, purché, alla data di entrata in vigore del d. lgs., sia ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributa ria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione a i medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli sia stato irrevocabilmente assolto, in esito a giudizio dibattimentale, con una delle formule “di merito” previste dal codice di rito penale (perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso).

Orbene, nel caso di specie, il contribuente, titolare di una ditta individuale, è stato assolto in sede pena le, in esito a giudizio dibattimentale, perché il fatto non sussiste, con sentenza del Tribunale di Como munita di attestato di passaggio in giudicato, ritualmente e tempesti va mente allegata agli atti del giudizio di cassazione.

Non vi è dubbio, inoltre, che i fatti posti alla base degli avvisi di accertamento impugnati siano gli stessi fatti oggetto dell’imputazione penale dalla quale il contribuente è stato definitivamente assolto.

Ne consegue che, spiegando la sentenza pena le di assoluzione efficacia di giudicato nell’ambito del presente giudizio con riferimento all’esistenza dei fatti posti a base delle riprese fiscali, deve ritenersi, anche con riferimento al giudizio tributario, che tali fatti non sussistono, con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere cassata.

Non essendovi bisogno di ulteriori accerta menti di fatto, in applicazione del citato ius superveniens, la causa deve essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso proposto in primo grado.

3.2. Il secondo motivo di ricorso è assorbito.

4. La portata dirimente, ai fini della decisione della causa, dello ius superveniens consiglia la compensazione integrale delle spese di tutti i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso proposto in primo grado dal contribuente ed annulla gli avvisi di accertamento impugnati.

Compensa integralmente le spese di tutti i gradi del giudizio.

Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 20 giugno 2024 e del 15 luglio 2024.

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