Un Giudice di Pace applica alla lettera il D.M. Giustizia n. 110/2023, che detta i criteri di redazione degli atti.
Il D.M. prevede un massimo di 40 pagine, per citazioni e ricorsi, comparsa di risposta e memoria difensiva, atti di intervento e chiamata di terzi, comparse e note conclusionali, nonché atti introduttivi dei giudizi di impugnazione. Il numero di pagine si abbassa a 26 per le repliche e scende addirittura a 5 pagine per le note scritte in sostituzione dell’udienza. Nella norma anche l’attenzione alla tecnica da seguire per redigere l’atto: dai caratteri, di dimensioni di 12 punti, con interlinea di 1,5, ai margini orizzontali e verticali di 2,5 centimetri.
Dunque nella vicenda che ci occupa il Giudice di Pace ha ritenuto di compensare le spese. Pertanto, il creditore che normalmente da anni è frustrato dalle note criticità in cui versa la giustizia civile in ordine alle sue lungaggini viene ulteriormente frustrato nelle sue ragioni dovendo farsi carico delle spese del proprio avvocato. Si basi bene, non ragioni di natura sostanziale o processuale che possano indurre ad una valutazione in tema di compensazione delle spese, bensì l’interlinea di un formato word impostato dal legale con il proprio pc evidentemente non conforme al D.M.
L’incidente era nell’aria e prima o poi sarebbe accaduto, con un solo interrogativo rispetto alle finalità della Riforma: ha senso porre a carico del creditore già fortemente frustrato dalle notorie vicissitudini del processo civile, le spese di giudizio per questioni di rigido formalismo?